In questo colloquio con Previndai Media Player il Viceministro dello Sviluppo Economico Alessandra Todde annuncia anche il prossimo arrivo del decreto anti-delocalizzazioni ma apre al confronto con il mondo dell’industria.
Viceministro, tra la pandemia e la crisi economica conseguente abbiamo vissuto un periodo durissimo per l’economia italiana. Lei ha seguito da vicino tutti i tavoli di crisi. Quale lezione ha tratto da questa esperienza?
“L’Italia sta prendendo una direzione importante dal punto di vista della crescita e lo confermano i dati Istat che parlano di un balzo del Pil nel terzo trimestre. L’Italia, insieme alla Francia, è la nuova locomotiva economica dell’Europa. Cresciamo a un ritmo doppio rispetto alla Germania. La crescita dell’economia italiana non si configura come un semplice rimbalzo, ma appare strutturale, solida e duratura. E questo è sicuramente merito del lavoro fatto dal governo Draghi in continuità con il governo Conte 2. Negli ultimi due anni i governi hanno stanziato per le imprese oltre 115 miliardi tra aiuti diretti, sgravi fiscali e misure di settore. Oltre 32 miliardi sono stati destinati agli ammortizzatori sociali e ad alcune misure di decontribuzione. Le imprese hanno inoltre usufruito di oltre 216 miliardi di crediti erogati con garanzia dello Stato. Le riforme e il Pnrr oggi ci offrono l’occasione di consolidare e rafforzare la ripresa e di costruire un nuovo patto sociale. Affrontare i licenziamenti responsabilmente, analizzare le delocalizzazioni comparando competitività con stabilità e patto con il territorio, contrastare la precarizzazione del lavoro, fermare la fuga dei nostri giovani, aiutare le imprese a crescere, investire, assumere secondo un modello di sviluppo sostenibile dal punto di vista della responsabilità sociale e ambientale.
Il decreto anti-delocalizzazioni si farà? Ci sarà spazio di confronto con il mondo dell’industria?
Il decreto anti-delocalizzazione, su cui abbiamo lavorato a lungo, dovrebbe arrivare in tempi brevi all’attenzione dei ministri, come confermato anche dallo stesso ministro Orlando. Penso che in questo momento sia importante, visto che è un momento di ripartenza, interrogarsi sulla responsabilità sociale delle imprese e su quali investimenti vogliamo attrarre in Italia. Le imprese che riescono a creare valore con i territori e che hanno legami stretti con l’indotto vanno tutelate. Il decreto è importante non perché vogliamo tenere vincolate in alcun modo le imprese, ma per consentire un percorso che – dove possibile – salvaguardi i posti di lavoro e non desertifichi le attività produttive.
Quando un’azienda chiude, chiude anche l’indotto.
Col mondo industriale sono stati fatti diversi incontri, anche con la mediazione di Palazzo Chigi, e sono convinta ce ne saranno molti altri sul tema.
Favorire la competitività e la produttività delle imprese, cosa sta facendo o può fare il Mise in questo senso?
Per essere maggiormente attrattivi dobbiamo lavorare sulle leve di competitività. Abbattiamo i costi primari per le imprese, il prezzo dell’energia, il costo del lavoro, creiamo ecosistemi e distretti che funzionano. Perché anche le aziende migliori che investono in un territorio che si dimostra non competitivo o desertificato, fanno fatica a restare modelli di successo. Il Mise deve supportare le imprese per rafforzarne la presenza e la competitività sul mercato soprattutto in questa stagione di ripartenza. È importante ragionare sia in termini strategici, e quindi di politiche industriali, sia in termini tattici di filiere, distretti, ecosistemi e non solo su singole aziende in difficoltà. Senza un approccio sistemico non si va da nessuna parte. Le filiere vanno riformate verso modelli più performanti e prese anche decisioni sulla loro strategicità.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza dovrebbe essere il volano della ripresa nei prossimi anni, quale ruolo per il settore privato?
Il Pnrr può essere l’occasione per avviare una triangolazione virtuosa tra risorsa pubblica e risorsa privata. Il successo del Pnrr dipenderà molto anche dalla collaborazione tra le aziende e le istituzioni. Il rapporto pubblico-privato è fondamentale: oggi per l’Italia saper ben utilizzare i fondi del Pnrr significa decidere l’imminente futuro del Paese. Il Pnrr è un atto di grande fiducia nel futuro e, al contempo, una grande responsabilità verso le prossime generazioni. La sfida può essere vinta solo attraverso il coinvolgimento e il protagonismo delle imprese nell’attuazione della transizione digitale e sostenibile. Questo vale ancora di più per l’Italia, un Paese gravato da un alto debito pubblico. Abbiamo l’occasione per creare migliaia di posti di lavoro, per supportare i giovani, la politica deve impegnarsi a non creare ulteriore debito senza creare valore per le nuove generazioni.
Altro grande tema dei prossimi anni sarà la transizione verde, come si muoverà il governo per accompagnarla e renderla meno traumatica per le aziende e i lavoratori più direttamente coinvolti dai cambiamenti?
Dobbiamo essere pronti con nuovi modelli e nuove filiere. La buona politica deve porre il tema di nuove energie. Il giusto approccio è non negare la complessità del problema: la chiave è l’interconnessione. La volontà di direzionare gli investimenti in energie alternative è inoltre incentivata dalla necessità di creare sul territorio una valida rete di approvvigionamento per le alimentazioni innovative, come il GNL, il bio-GNL. Parlando del gas: il prezzo è salito e ha inciso sia sul costo della bolletta per cittadini, sia sul costo dell’energia per le imprese. Il nostro Paese è esposto in quanto non abbiamo gas come materia prima, e questo fa capire quanto sia importante la transizione ecologica per l’Italia. Dobbiamo lavorare per velocizzarla, senza chiaramente penalizzare il nostro sistema paese composto da filiere che devono essere accompagnate in questo percorso e da nuove filiere che dovranno nascere proprio grazie alla transizione ecologica.