Il Fondo ha celebrato con un convengo i primi 30 anni di previdenza complementare con lo sguardo rivolto al futuro del Paese

Celebrare i 30 anni della previdenza complementare in Italia senza guardarsi alle spalle ma con gli occhi puntati al futuro. Questo l’obiettivo del convegno 30+ Una finestra sul futuro, organizzato da Previndai lo scorso 10 novembre a Roma, che ha visto la partecipazione di relatori di primo piano del mondo della previdenza e dell’economia reale: il Presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla, il vice Presidente di Confindustria, Alberto Marenghi, ma anche il Presidente Inps, Pasquale Tridico, il direttore Covip, Lucia Anselmi, la direttrice del Comitato per l’Educazione Finanziaria, Annamaria Lusardi. E poi, in una tavola rotonda dedicata a immaginare quali investimenti e quali vie per tornare a far crescere l’economia italiana, anche il Presidente di Ania, Maria Bianca Farina, quello di Borsa Italiana, Claudia Parzani, assieme all’amministratore delegato di Webuild, Pietro Salini e a quello di Fincantieri, Pierroberto Folgiero.  

L’introduzione, a cura del Presidente di Previndai, Francesco Di Ciommo, ha ripercorso i 30 e più anni (32 anni per la precisione) di Previndai, che è definito un fondo pre-esistente, proprio perché nato prima della riforma del settore, concretizzata nel 1993, dopo l’incipit dell’ottobre 1992, quando fu emanato il decreto legislativo che ha dato il via alla realizzazione dell’impalcatura di tutto il sistema. 

Nel suo intervento il Presidente ha ricordato le sfide per i prossimi anni, sottolineando che in base all’ultimo rapporto Covip, solo il 35% dei lavoratori italiani ricorre alla previdenza complementare. L’obiettivo è quindi «attrarre il restante 65% e sbloccare così potenzialità altissime per tutto il sistema-paese italiano», perché ci sarebbero più risorse per i fondi pensione come Previndai per reinvestire nell’economia reale. Un investimento, quello nell’economia italiana che il Fondo dei manager ha già intrapreso «stando ben attenti, come sempre, a evitare rischi eccessivi». Un pensiero, poi, ai giovani: «Da anni chiediamo ai governi una fiscalità più favorevole» peri contributi previdenziali, soprattutto degli under 30. Sarebbe inoltre necessaria, ha sottolineato Di Ciommo, una campagna informativa per spiegare l’importanza della previdenza complementare sin dall’ingresso nel mondo del lavoro

E proprio ai giovani è dedicato lo studio, presentato nel corso dell’evento e che sarà presto consultabile sul sito Previndai (www.previndai.it), “La previdenza tra 30 anni, quale valore diamo alla serenità?”. Dal lavoro, realizzato dal team di Previndai guidato dalla responsabile della Gestione Rischi, Simona Farrotti, e da Corrado Scafa, emerge con chiarezza che per un giovane di 30 anni il contributo da sborsare di tasca propria per ottenere una previdenza complementare più consistente (non limitata al versamento del solo Tfr) risulta davvero contenuto e spalmato in un arco temporale molto lungo.

A commentare lo studio, tra gli altri, il Presidente Inps Tridico, che ha ricordato “La previdenza si sostiene con il lavoro, questo è il problema principale, al quale si aggiungono guerra, inflazione e denatalità.  Il calo demografico è un problema nella transizione perché oggi vediamo una uscita molto forte di lavoratori che non sono adeguatamente sostituiti dalle nuove nascite. Se non siamo capaci di creare nuove nascite e dare loro occasioni di lavoro saremo sempre in una situazione di insostenibilità”. Secondo il numero uno dell’Istituto ciò che serve davvero ai ragazzi è “un salario”; “dobbiamo fare in modo che i nostri giovani siano occupati e che abbiano occasioni di lavoro. Abbiamo una disoccupazione molto forte e un alto tasso di giovani laureati che vanno all’estero, questo non è solo un problema di incrocio tra domanda e offerta di lavoro, c’è anche un problema di capacità produttiva”. 

Ancora, sulla previdenza complementare, il Presidente di Federmanager Cuzzilla ha sottolineato: “Garantire pensioni sostenibili alle giovani generazioni con il rilancio della previdenza integrativa può e deve essere un obiettivo perseguibile”. Perché “il secondo pilastro della previdenza non è mai decollato in quanto manca una appropriata educazione finanziaria e sono insufficienti gli strumenti che possono incentivare adeguatamente il ricorso a questa forma integrativa. Sappiamo bene che la pensione non potrà in futuro essere totalmente a carico dello Stato e il sistema non sarà in grado di far fronte alla spesa pensionistica: nel 2050 il rapporto tra individui in età lavorativa e individui fuori dall’età lavorativa sarà di uno a uno”, ha aggiunto il Presidente di Federmanager. 

Sul tema è tornata anche la Presidente di Ania (e di Poste Italiane) Farina, che ha ricordato: abbiamo “il dovere di creare un futuro adeguato ai nostri giovani, che significa assicurare un futuro al nostro Paese”. E guardando ai prossimi anni, ha aggiunto: “tutti dobbiamo dare il nostro contributo, l’Ue ci ha dato parecchi finanziamenti ma è importante che al loro fianco ci siano anche delle risorse private. Come investitori istituzionali dobbiamo indirizzare i risparmi che ci vengono affidati verso l’economia reale”. 

Dal punto di vista delle imprese, rappresentate da Webuild e Fincantieri, fondamentale per il futuro dell’Italia sarà non tirarsi indietro dagli investimenti necessari e scommettere sempre di più sulle competenze. Per creare il futuro “dobbiamo investire adesso, i cantieri che iniziamo oggi sono il mondo del futuro e lì si comincia a capire a cosa servono le infrastrutture, che non servono solo a dare lavoro ma soprattutto a cambiare la vita delle persone. Dobbiamo tirare fuori la capacità di realizzare” i progetti, ha detto l’amministratore delegato di Webuild Salini.  Che è poi tornato sul Pnrr: “è fondamentale, sono 210 miliardi e dobbiamo essere capaci di spenderli”. Infine, per il ceo di Fincantieri, Folgiero, “E’ importante ricominciare dai mestieri, perché per il settore del manifatturiero la mancanza dei mestieri è un problema. Aziende come Fincantieri si sono salvate dalla delocalizzazione perché sono state abituate ad avere competenze distintive, Fincantieri è una specie di laboratorio del Paese per capire come fare manifattura in Italia e come fare a rilanciarla”. 

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