Di Vittorio Gervasi, Consigliere di amministrazione Previndai

Scattiamo un’istantanea sulla situazione pensionistica italiana: 301 miliardi all’anno spesi dallo Stato per pagare le pensioni, un importo pari al 16,8% del Pil; ogni 1000 lavoratori ci sono 602 pensionati; in quasi una famiglia su due c’è un titolare di pensione. Il tutto in un sistema pensionistico – a “ripartizione” – dove i contributi versati da chi lavora oggi servono per pagare le pensioni di oggi e per quelle di domani, si vedrà. Come se non bastasse abbiamo intanto conquistato la maglia nera per denatalità: le culle degli italiani sono sempre più vuote. Quando si parla di riforma delle pensioni dalla realtà non si può proprio prescindere e la realtà appena descritta ci interroga e chiede risposte. 

In parallelo, abbiamo la previdenza complementare. Un sistema sano, perché funziona a “capitalizzazione”, cioè ogni lavoratore che sceglie di attivare un fondo pensione ha un suo “conto” dove vengono accantonati i versamenti contributivi, investiti con l’obiettivo di ottenere un buon rendimento, e che al termine della vita professionale garantiranno una pensione integrativa utile a mantenere il tenore di vita raggiunto.

Ma non solo, la previdenza complementare fa anche sì che nel sistema paese ci siano a disposizione ingenti somme da investire, per generare – direttamente o indirettamente – economia e sviluppo. Sono circa 185 miliardi le risorse fino ad oggi accumulate dalla previdenza complementare. Una mole di risparmio di questa entità ha un indubbio effetto benefico anche per l’economia oltre che, ovviamente, per i sottoscrittori delle forme pensionistiche complementari, che possono contare su un’integrazione al reddito da pensione.

Esaminiamo un caso concreto. Previndai, il fondo dei manager italiani, nel  2015, in un contesto di tassi di interesse bassi, decide di aggiornare  la politica di investimento. La finalità è duplice: offrire soluzioni nuove e più performanti rispetto alle attese degli iscritti e immettere risorse fresche, con funzione propulsiva, nell’economia reale. Così, nell’ambito dell’asset allocation strategica del Fondo, si introduce una quota (fino al 10%) di asset alternativi illiquidi, per arrivare a investire in FIA (Fondi di Investimento Alternativi). 

Il che si traduce in 300 milioni di euro – in gran parte già investiti – che vanno a sostenere il settore delle infrastrutture in Italia ed in Europa ma anche il private equity e il direct lending, con ricadute importanti in termini occupazionali: un’iniezione di capitali per la crescita economica. 

Mi piace poi sottolineare che in questi investimenti un’attenzione particolare è dedicata alla sostenibilità e ai criteri ESG. Valutare l’impatto ambientale, l’impatto sociale e di governance delle imprese in cui si investe per premiare chi, oltre a generare profitti, rispetta l’ambiente, tutela i lavoratori, rispetta i diritti umani. Una scelta perseguita con determinazione per arrivare a dotarsi di validi strumenti di analisi e controllo di questi fattori, ritenuti oramai, giustamente, imprescindibili per favorire lo sviluppo di un’economia sana e responsabile. 

Nella stessa direzione propulsiva per il Paese si muove poi il progetto di Cassa Depositi e Prestiti, pensato per facilitare l’afflusso di capitali provenienti dai fondi pensione (anche in modalità consortile) verso l’economia nazionale, per mettere sempre più risorse a disposizione e a supporto della crescita.

Possiamo a questo punto ben definire l’azione dei fondi pensione un vero sistema di welfare allargato, per tutelare non solo gli iscritti ma l’intero ecosistema nel quale si sviluppa una economia sana e che punta all’innovazione finanziaria e al benessere della collettività.

L’auspicio dunque è che la fiscalità possa diventare più favorevole per gli investimenti dei fondi pensione, esercitando così un effetto leva sulla previdenza integrativa.  Un fisco più leggero, infatti, può renderla sempre più attrattiva, conveniente e catalizzatrice di risorse propulsive per l’economia; in un contesto dove la previdenza pubblica necessita di riforme radicali per garantirsi la sopravvivenza. 

In questo momento storico di particolare incertezza, i fondi pensione rappresentano un porto sicuro nel mare agitato della previdenza pubblica, sempre alla ricerca di un equilibrio, tra istanze di cui la politica si fa portavoce e conti da far quadrare, ma che purtroppo non quadrano affatto, per le ragioni fotografate nell’incipit di questa breve riflessione. 

Condividi: