I depositi degli italiani sono sopra quota 1.800 miliardi, con remunerazioni a zero e con l’inflazione che ha rialzato la testa l’erosione del potere d’acquisto può diventare significativa. Giacomel (Covip): “Previdenza complementare opportunità anche per i familiari”
Una montagna di liquidità congelata sui conti correnti italiani. Sono oltre 1.800 miliardi le disponibilità liquide di famiglie e imprese tricolore secondo gli ultimi dati dell’Abi (Associazione bancaria italiana), aggiornati a ottobre 2021. Numeri che viaggiano sui livelli dell’intero Prodotto interno lordo italiano e circa il triplo della capitalizzazione dell’intera Piazza Affari. Il trend è per altro in crescita negli ultimi anni: i depositi erano 1.565 miliardi nell’autunno del 2019 e sono aumentati in maniera considerevole soprattutto durante la pandemia, non solo in Italia per la verità ma in tutta Europa.
“Non credo che il dato sia legato solo agli effetti dello scoppio della pandemia”, dice a Previndai Media Player Elisabetta Giacomel, Condirettore di Covip responsabile del Servizio Studi e Affari Internazionali e membro del Comitato Edufin. “La situazione, può essere interpretata come la somma di diversi fattori che si sono stratificati nel tempo, a partire dalle crisi finanziarie ed economiche del 2008 e 2011. Di certo il lockdown, con la necessità di rimanere in casa, ha compresso le spese e ha accresciuto il clima di incertezza contribuendo a questa tendenza, così come un mercato del lavoro percepito come più insicuro. Per le fasce più alte di reddito poi ha potuto avere un’influenza anche la difficoltà a individuare soluzioni di investimento remunerative rispetto alla liquidità. Senza dimenticare che anche in questi casi l’incertezza ha potuto portare a creare dei cuscinetti di riserva più sostanziosi, proporzionati al tenore di vita”.
Intanto nell’Area Euro la tendenza a parcheggiare i denari sul conto corrente, pur rimanendo saldamente in terreno positivo, sembra star rallentando: si è passati da un incremento del +9,6% delle somme depositate a inizio 2021 al +5,5% dello scorso settembre. Un dato che si rispecchia nella dinamica italiana che ha registrato un passaggio dal +10,5% di gennaio al +6,2% di ottobre.
Se si considera però che i tassi di remunerazione dei conti correnti sono da tempo pari allo zerovirgola, e che alcuni istituti di credito hanno introdotto addirittura penalizzazioni per le giacenze sopra una certa soglia, l’ammontare fermo nei depositi non può che apparire in tutta la sua enormità. E negli ultimi mesi c’è anche un altro fattore da tenere in considerazione, la fiammata dell’inflazione (+3,8% secondo l’Istat in novembre), che rischia davvero di mandare in fumo decine di miliardi di risparmi in termini reali.
Con una remunerazione della liquidità sui conti correnti pari praticamente a zero e la crescita dei prezzi in forte risalita, infatti, il parcheggio dei denari in banca si trasforma in un rendimento negativo, che inizia a diventare rilevante. “I centri di ricerca e gli organismi internazionali sono concordi nel ritenere che si tratti di una fiammata provvisoria, anche se non possiamo naturalmente esserne certi. Bisognerà capire se e quanto per cittadini e imprese l’insicurezza lavorativa e sulle prospettive per il futuro, che spingono a mantenere un cuscinetto di liquidità, conterà di più o di meno della dinamica dell’inflazione. Di certo c’è che con rendimenti intorno allo zero, quando non negativi, e con un’inflazione anche solo al 2%, la riduzione del poter d’acquisto cumulata negli anni può diventare significativa”.
Insomma l’Illusione monetaria, termine coniato da Irving Fisher negli Anni Venti per indicare appunto la mancata percezione dei mutamenti del valore reale della moneta, con un’inflazione particolarmente vivace può avere delle ripercussioni da non sottovalutare nel gestire i risparmi. E in questo contesto le capacità di comprendere i fenomeni finanziari gioca inevitabilmente un ruolo importante: “La carenza di conoscenze finanziarie di base può avere effetti di lungo periodo un po’ su tutte le scelte di risparmio”, sottolinea Giacomel. D’altronde i risultati dell’ultima indagine portata avanti dal Comitato Edufin insieme alla Doxa non sono incoraggianti: “Dallo studio è emerso chiaramente che le conoscenze finanziarie di base degli italiani sono ancora insufficienti anche in confronto a quelle degli altri Paesi avanzati. L’Italia si trova molto in basso nelle classifiche internazionali”.
Come conseguenza si registra una scarsa tendenza a tenere conto degli effetti dell’inflazione, ma anche “l’assenza di pianificazione finanziaria, la propensione a investimenti conservativi anche quando ci sarebbe a disposizione un orizzonte temporale ampio e una prospettiva lavorativa
costante. Anche per questo è stato creato il Comitato per l’Educazione finanziaria e una Strategia nazionale, perché c’è bisogno di azioni coordinate e massicce per incrementare le conoscenze finanziarie, assicurative e previdenziali di base, per avere a disposizione competenze adeguate a una società complessa, con scelte che possano essere fatte con un patrimonio informativo che deve diventare di tutti”.
E più informazione sarebbe importante anche per lo sviluppo della previdenza complementare, che può essere un’opzione nelle scelte di risparmio degli italiani. “La previdenza complementare è vista come investimento di lungo periodo, in un contesto in cui c’è una forte tendenza a fare scelte di breve periodo. A ciò si aggiunge il fenomeno della procrastinazione, si tende a rinviare scelte che riguardano il futuro, come l’appuntamento con la pensione complementare. E poi non si conoscono bene gli strumenti di risparmio previdenziale, con i loro vantaggi anche superiori all’opzioni di tenere il Tfr in azienda: per esempio la possibilità di richiedere anticipi, che vale anche più di una volta per i fondi pensione e invece una sola volta per chi tiene il Trattamento di fine rapporto in azienda, e una fiscalità più agevolata”. Il ricorso ai fondi pensione può poi essere uno strumento per investire sui propri cari, soprattutto i figli, sottolinea Giacomel: “E’ importante che si diffonda la consapevolezza che la previdenza complementare offre la possibilità di iscrivere anche i familiari fiscalmente a carico, permettendo di iniziare a preparare, soprattutto per i più giovani, uno zainetto previdenziale che potrà essere utilissimo a fine carriera ma anche, per esempio, per affrontare gli studi o periodi di lavoro discontinuo”. Infine, “sarebbe molto importante anche che si riuscissero a sviluppare forme di educazione finanziaria e previdenziale sui posti di lavoro, per fornire ai lavoratori tutti gli strumenti utili a fare scelte consapevoli sui loro risparmi e il loro futuro”.