Nessun intervento sulle pensioni complementari. Possibile per i datori colmare i vuoti contributivi dei dipendenti grazie ai premi di risultato

Si dovrà aspettare la concretizzazione della riforma del fisco per avere, forse, qualche novità sul tema della previdenza complementare. Diversamente dagli annunci dei mesi scorsi, infatti, nella Legge di Bilancio 2024 non ha trovato posto alcuna norma sul secondo pilastro pensionistico. A dire il vero il testo non è ancora stato approvato in via definitiva dal Parlamento, che dovrà comunque licenziarlo prima della fine dell’anno, ma è altamente improbabile che arrivino sorprese su questo fronte, viste le limitate risorse a disposizione. 

Si era parlato, e lo aveva accennato anche il Sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, in un’intervista con Previndai Media Player, alla possibilità di innalzare l’aliquota di deducibilità fiscale dei contributi versati ai fondi pensione ( escluso il Tfr), che oggi è di 5.164 euro ma, almeno per ora, nulla di fatto. Come pure si erano ventilati interventi ad hoc per i giovani e anche su questo fronte alla fine non si è concretizzato nulla. Anche la complessiva riforma del sistema pensionistico è stata rimandata e in legge di Bilancio sono finite quasi solo repliche delle norme già introdotte nel 2023: tutte relative alla previdenza di base. 

Innanzitutto, è stata prolungata ‘Quota 103’, ovvero la possibilità di lasciare il lavoro con 62 anni di età e 41 di contributi, ma con una forte penalizzazione rispetto allo scorso anno; cioè, il ricalcolo totalmente contributivo dell’assegno Inps per chi sceglierà questa strada per anticipare la pensione. Sono state riviste, ma confermate, anche Ape sociale e Opzione Donna e si è poi intervenuti sulle pensioni di vecchiaia di quanti rientrano nel sistema totalmente contributivo (chi abbia iniziato a lavorare dal 1996 in poi). In questo caso le maglie sono state allargate, con un intervento sulle pensioni di vecchiaia, consentendo di lasciare il lavoro a 67 anni con un assegno pari a quello sociale (poco più di 570 euro) mentre in precedenza per uscire prima dei 70 anni era necessaria una pensione di almeno 1.700 euro lordi. Di converso, è stata un po’ innalzata la soglia reddituale per chi, nel sistema contributivo puro, vorrà lasciare il lavoro anticipatamente: resta il requisito dei 64 anni di età ma l’assegno, per gli uomini e le donne senza figli, dovrà essere di almeno 3 volte il minimo (circa 1.700 euro) e non più 2,8 volte come fino a ora. 

Ancora, si è deciso di intervenire sui vuoti contributivi lasciati da carriere discontinue. Come già successo in passato, infatti, sarà possibile versare volontariamente i contributi e rateizzarli (al massimo in 120 pagamenti senza interessi). Viene poi introdotta la possibilità per i datori di lavoro di colmare loro stessi questi vuoti nelle posizioni previdenziali dei dipendenti, utilizzando i premi di risultato. 

Infine, anche per il 2024 torna la stretta sulla rivalutazione delle pensioni. Il governo ha infatti deciso, non solo di replicare, ma anche di inasprire la stretta su quelle più alte rispetto ai minimi. In particolare, sopra le 10 volte il minimo, circa 5.700 euro lorde al mese, la rivalutazione rispetto all’inflazione non sarà più del 32%, come nel 2023, ma del 22%. 

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