Di Giuseppe Straniero, Presidente Previndai

Quando si sceglie un investimento previdenziale è fondamentale considerare l’orizzonte temporale davanti a sé. Fare la scelta giusta può influenzare, anche sensibilmente, il risultato finale. Come emerge anche dall’ultima Nota Covip sul 2023 dei fondi pensione: le performance dei vari comparti sono molto diverse tra loro se si traguardano i dieci anni di osservazione

Si dice sempre che la previdenza complementare è un investimento di lungo periodo e certamente è così, vista la particolare natura del risparmio previdenziale. So che queste parole, dette o scritte da un Presidente di fondo pensione, quale io sono, o da altre professionalità del nostro mondo, possono assumere il sapore di uno slogan. Ma si può dire lo stesso quando su questo orizzonte si basano le considerazioni della Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, la Covip? 

Nella recente Nota riassuntiva sui dati 2023 relativi al comparto dei Fondi pensione l’Autorità si sofferma proprio sul confronto a dieci anni tra le varie forme complementari, rispetto anche al Trattamento di fine rapporto (Tfr). Bene, i dati evidenziano che tutte le forme di previdenza complementare, tra inizio 2014 e fine 2023, hanno fatto come, o meglio, della rivalutazione del Tfr lasciato in azienda, che pure ha beneficiato della fiammata inflazionistica del 2022, ancora non completamente riassorbita. 

In particolare, il trattamento di fine rapporto segna un +2,4%, con i fondi negoziali allo stesso livello e fondi aperti e pip rispettivamente al +2,5% e il +2,7%. In questo contesto, analizzando più in profondità i dati Covip, emerge però che le linee azionarie di tutte le tipologie di previdenza complementare sono andate ben oltre la rivalutazione del Tfr, con un rendimento tra il 4% e il 4,5% medio annuo composto. Anche i comparti bilanciati sono rimasti tra il 2% e il 3%, mentre le linee garantite si sono attestate attorno allo 0% o poco sopra. 

Cosa ci dice questa analisi? Ci ricorda un assioma basilare della finanza, valido ancora di più per gli investimenti previdenziali: che l’orizzonte temporale è una variabile importantissima quando si sceglie dove allocare il risparmio. Il principio base per il quale a un maggior rendimento segue un maggior rischio, infatti, vale anche per i comparti dei fondi pensione (che pure quando aggressivi non sono mai speculativi). E quindi, come i dati a dieci anni di Covip evidenziano, avendo davanti a se un orizzonte di contribuzione alla previdenza complementare di almeno dieci anni, la scelta più razionale sarebbe quella di posizionarsi su un comparto azionario, piuttosto che accontentarsi della salvaguardia del capitale che viene assicurata da un comparto garantito. Ovviamente andando avanti con gli anni è vero il contrario: la necessità è quella di mettere al ‘riparo’ quanto raccolto nel salvadanaio previdenziale fino a quel momento, scegliendo appunto i compartiti garantiti, in grado di proteggere dalle oscillazioni di mercato e quindi dalle perdite di valore. 

E questo ragionamento, che certamente va calato nella situazione economico-patrimoniale generale e nella propensione al rischio di ognuno, diventa sempre più importante quanto più si rende necessario avvicinare i giovani alla previdenza complementare. Perché uno dei vantaggi del risparmio previdenziale è proprio quello di poter ‘rischiare ragionevolmente’ in gioventù, potendo sempre contare sull’oculatezza di un investitore istituzionale come un fondo pensione, per garantirsi una pensione di scorta che a fine carriera sia più della somma algebrica di quanto versato negli anni. E che sia necessario insistere sulla diffusione di una cultura previdenziale tra i neoassunti è fuor di dubbio, visto che solo il 18% dei circa 9 milioni di iscritti alla previdenza complementare in Italia ha meno di 35 anni. 

Non che il settore nel suo complesso non registri incrementi nelle adesioni, anche a fine 2023 il numero complessivo degli iscritti è risultato in crescita (+4%) così come il patrimonio gestito, che ha superato i 220 miliardi di euro, con un balzo dell’8,2%. Di quest’ultimo incremento tre quinti “è dipeso dal miglioramento dei titoli in portafoglio; il resto è dovuto ai flussi contributivi al netto delle uscite”, si legge nella Nota Covip; a dimostrazione, ancora una volta, dell’importanza dei rendimenti nella costruzione di un salvadanaio previdenziale adeguato.

In questo quadro anche Previndai nel 2023 ha registrato un incremento sia degli iscritti che del patrimonio e anche per noi i rendimenti dei comparti sono stati decisamente soddisfacenti: Bilanciato e Sviluppo, dopo i cali registrati nel 2022, hanno quasi del tutto recuperato il  terreno perso, mettendo a segno rispettivamente un +8,2% e un +10,9%. Mentre i garantiti (Assicurativo 1990 e Assicurativo 2014), che sono rimasti in terreno saldamente positivo anche nel 2022, hanno archiviato l’anno con una performance sopra al 2% netto, come negli ultimi anni, dimostrando una volta di più la grande stabilità che li caratterizza.  

Ampliando l’orizzonte ai dieci anni si osserva che i finanziari hanno registrato rispettivamente un  +2,9% (Bilanciato) e +4,4% (Sviluppo) medio annuo netto, collocandosi nella parte più alta del range registrato dalle linee comparabili di fondi negoziali, aperti e pip. Come già accennato, le soluzioni assicurative garantite di Previndai sono una sua peculiarità e non stupisce quindi che, diversamente ad altri comparti garantiti, siano andate ben oltre lo 0%, attestandosi attorno al 2% medio annuo netto. 

Infine, lo ricordo sempre con piacere, i nostri iscritti hanno la possibilità di diversificare il loro investimento previdenziale all’interno di Previndai, scegliendo  più di un comparto contemporaneamente. Insomma, cari dirigenti, la palla è nel vostro campo, giocatela al meglio!

 

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