In un recente studio Banca d’Italia sull’emissioni di bond nel periodo pandemico l’evidenza del minor costo del credito per chi adotta i criteri Esg

 

La sostenibilità fa bene non solo al pianeta ma anche alle società che la perseguono. E’ quanto emerge da un recente studio della Banca d’Italia, firmato da Fabrizio Ferriani, sulle emissioni di bond di aziende non finanziarie a livello globale durante il periodo della pandemia da Covid-19: ‘Issuing bonds during the Covid-19 pandemic: is there an Esg premium?’. La risposta a questa domanda è “sì”, esiste un premio, in termini di minor costo dei finanziamenti, per le società che hanno un buon rating di sostenibilità. Questo è vero in particolare per le aziende delle economie avanzate mentre risulta meno evidente nei Paesi Emergenti. Ma concretamente di che numeri si parla? Quanto vale il ‘premio’ Esg nel costo del finanziamento delle imprese?

Nel caso dell’indice Msci, che misura il rating di sostenibilità, un incremento 1,5 punti del punteggio Esg (su una scala da 1 a 7) “genera l’11% di riduzione del costo del debito all’emissione”, si legge nel documento*. 

L’analisi si sofferma sulle emissioni di bond mondiali nella prima e più acuta fase dello scoppio della crisi da Covid, perché il fatto che in un periodo di profonde difficoltà dei mercati le società più sostenibili abbiano piazzato le loro obbligazioni a un prezzo più basso, sarebbe indice della resilienza degli asset Esg in tempi difficili e permetterebbe  anche di ottenere un risultato meno influenzato da altri fattori esogeni.

 In particolare, il documento misura il costo delle emissioni per le imprese prendendo in considerazione i rating di sostenibilità assegnati da quattro provider: Msci, Refinitiv, Robeco e Sustainalytics e analizza anche l’effetto sul costo delle emissioni delle tre diverse componenti: la componente green, l’impatto sociale e la governance. Sotto quest’ultimo punto di vista emerge che non vi siano particolari differenze tra le sottocategorie, se non per i fattori ambientali, per i quali l’evidenza della correlazione con il prezzo più basso dei finanziamenti sembra ancor più evidente rispetto alle altre due.

Lo studio spiega anche che il minor costo delle emissioni dipende sia dalle preferenze degli investitori verso attività finanziarie più sostenibili sia da considerazioni basate sul rischio, come quello relativo all’esposizione a eventi climatici avversi. Questo perché da un lato gli investitori con forti preferenze Esg considerano un valore detenere attività di imprese più sostenibili e sono disposti a pagare un premio per includerle nel loro portafoglio, riducendo così il costo del capitale delle imprese Esg. D’altra parte, le aziende con punteggi di sostenibilità migliori hanno anche maggiori probabilità di offrire una copertura contro eventi come shock climatici o deterioramenti imprevisti della normativa ambientale, il che significa che gli investitori richiedono una remunerazione più elevata per detenere asset di aziende meno sostenibili e quindi potenzialmente più rischiose. 

Una tendenza che appare quindi piuttosto trasversale, proprio perché giustificata sia da considerazioni di tipo ‘valoriale’ (sostenibilità come valore da promuovere) sia da valutazioni più concrete, basate appunto sulla maggiore protezione delle aziende che sposano i principi Esg verso alcuni rischi. Di certo c’è che la normativa europea sta spingendo molto verso gli investimenti in sostenibilità e questo rende ancora più evidente la necessità di arrivare a una definizione quanto più possibile condivisa a livello globale sui rating Esg delle imprese, e  modo da avere un quadro il più possibile chiaro e un campo da gioco comune per tutte le aziende in tutti i Paesi.

*Maggiori dati sono disponibili nello studio completo a questo link

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