Il governo è al lavoro per far quadrare i conti della prossima manovra finanziaria. Difficile allargare le maglie delle uscite anticipate. Attesi interventi per rafforzare la previdenza complementare.
La coperta, si sa, è corta e per questo nella prossima legge di Bilancio per il 2025 non c’è da aspettarsi stravolgimenti in tema di previdenza anche se il dibattito, come sempre in questo periodo dell’anno, è molto acceso. Tuttavia, per quella complementare ci sono diverse importanti novità all’orizzonte.
Come accennato, i conti non lasciamo molto spazio agli interventi sulle uscite anticipate, costate svariati miliardi negli anni scorsi, e anzi si pensa alla possibilità di ampliare l’orizzonte lavorativo dei dipendenti pubblici, permettendo loro di lavorare anche oltre i 67 anni fissati oggi come soglia massima; mentre per chi voglia lasciare il lavoro prima della pensione di vecchiaia potrebbe essere prorogata Quota 103, con passaggio al sistema interamente contributivo per quanti la sceglieranno, come già nel 2024. Sempre per ragioni di spesa sono invece in vista nuovi tagli alle pensioni considerate più alte, sopra i 2.300 euro lordi circa (quattro volte l’assegno minimo) ma forse tornando alla formula precedente, che prevedeva una rivalutazione piena fino a quella soglia, per scendere al 90% per quelle tra quattro e cinque volte il minimo e al 75% oltre le sei volte .
Il capitolo più corposo della prossima manovra finanziaria sul tema previdenza si annuncia comunque essere quello relativo al secondo pilastro, ovvero la partecipazione ai fondi pensione. Al momento presso i ministeri competenti si ragiona su tre ipotesi principali: una nuova stagione di silenzio/assenso, la possibilità di cumulare gli assegni della previdenza pubblica e di quella complementare per arrivare a raggiungere la cifra delle tre volte l’assegno sociale necessaria ad andare in pensione con il metodo contributivo già a 64 anni (e almeno 20 anni di contributi) e l’eventualità di prevedere per tutti i neoassunti il conferimento obbligatorio di una parte del TFR (il 20% o il 25%) appunto ai fondi pensione.
Silenzio/assenzo. Si tratta di una previsione inserita nel nostro ordinamento nel 2007, che prevede per tutti i nuovi assunti un tempo di sei mesi per esprimere la volontà di lasciare il Trattamento di fine rapporto in azienda, diversamente le somme vengono dirottate al fondo pensione negoziale di rifermento (nella linea di investimento garantita). Se si andasse davvero verso un nuovo semestre di Silenzio/assenso, si estenderebbe la previsione a tutti coloro i quali attualmente hanno ancora lasciato il loro Tfr presso il datore di lavoro: questi lavoratori avrebbero sei mesi di tempo per esplicitare la volontà di mantenere il Trattamento di fine rapporto presso il datore di lavoro e, qualora non si esprimessero, si attiverebbe il trasferimento automatico al fondo di categoria. Inoltre l’operazione dovrebbe essere accompagnata, secondo le anticipazioni circolate, da una campagna di sensibilizzazione per far comprendere l’importanza di avere a disposizione una pensione di scorta, soprattutto per chi rientra nel sistema completamente contributivo, ovvero coloro i quali hanno iniziato a lavorare dal 1996 in poi.
Somma pensione pubblica e complementare per accesso pensionamento anticipato. La misura riguarderebbe solo i lavoratori che rientrano completamente nel sistema contributivo, perché per loro è possibile richiedere la pensione anticipata al raggiungimento dei 64 anni di età (meno per le donne con figli) se si hanno a disposizione almeno 20 anni di contributi versati all’Inps ma solo nel caso in cui il primo assegno pensionistico sia pari almeno a 3 volte l’assegno sociale (oggi circa 530 euro). L’idea sarebbe quella di permettere ai lavoratori di utilizzare anche l’importo della pensione di scorta erogata dalla previdenza complementare per arrivare alla soglia richiesta, appunto almeno tre volte l’importo dell’assegno minimo Inps.
Obbligo di una quota di Tfr ai fondi pensione. Si tratterebbe sostanzialmente di un’adesione automatica alla previdenza complementare, probabilmente per i giovani entro i 35 anni di età, ma prevedendo che solo una quota (si è parlato del 20%/25%) venga investita in un fondo pensione. L’opzione non è stata approfondita e non è certo che sarà inserita in Legge di Bilancio.
Al momento siamo ancora nella fase delle ipotesi, dovremo aspettare ancora almeno qualche settimana per sapere se e quali misure sulla previdenza saranno effettivamente inserite nella Legge di Bilancio per il 2025.