Di Oliva Masini, Direttore Generale Previndai

In un Paese con un’Educazione finanziaria decisamente sotto la media Ocse (dietro di noi solo Cambogia, Paraguay e Yemen), c’è una cenerentola delle cenerentole, che si chiama Educazione previdenziale. Secondo l’ultima indagine del Comitato per l’Educazione finanziaria e Previdenziale (EduFin) gli italiani fanno fatica a masticare concetti di finanza, come il rapporto rischio/rendimento e quello di interesse composto e hanno ancora meno dimestichezza con i concetti base della previdenza.

Eppure, anche solo un’infarinatura di Educazione previdenziale potrebbe avere effetti molto positivi sul futuro dei giovani, grazie a una maggiore adesione ai fondi pensione. È questo, infatti, quanto emerso dal primo Quaderno della COVIP nella nuova edizione 2024. Si tratta di uno studio approfondito, condotto proprio sui dati raccolti dal Comitato EduFin negli anni 2022 e 2023, per stabilire l’esistenza di un nesso causale tra le conoscenze previdenziali e l’adesione alla previdenza complementare. Ebbene, dall’analisi dei dati è emerso che la correlazione positiva tra l’adesione a un fondo pensione e l’educazione previdenziale è molto più forte rispetto a quella con l’alfabetizzazione finanziaria e che, controllando attraverso le opportune tecniche di analisi, solo le conoscenze previdenziali hanno un effetto positivo e causale sulla probabilità di aderire a un fondo pensione. 

Lo studio, infatti, mostra che l’effetto di una risposta corretta in più alle domande di alfabetizzazione previdenziale aumenta di 3,7 punti percentuali la probabilità di aver aderito alla previdenza complementare, mentre per una risposta corretta in più di alfabetizzazione finanziaria la probabilità aumenta solo di 1,9 punti percentuali.

Vuol dire che l’Educazione finanziaria non serve? Ovviamente no. Vuol dire che l’Educazione previdenziale, non sempre citata nelle discussioni sul tema, non dovrebbe essere considerata una comparsa nel dibattito sulla necessità di aiutare gli italiani a gestire meglio i propri averi e a programmare con razionalità il loro futuro economico.

E per capire il perché basta dare un’occhiata alle domande dell’indagine utilizzata dallo studio COVIP, come per esempio quella sul funzionamento del sistema pensionistico pubblico, che valuta la conoscenza dei sistemi retributivo, contributivo e misto o quella riguardo il significato di previdenza complementare o quando sia il caso di iniziare a risparmiare per la pensione. Senza una conoscenza di base di queste nozioni è davvero difficile pensare che un lavoratore possa avvertire la necessità di aderire a un fondo pensione. 

Inoltre, nelle domande si testa anche la familiarità con il concetto di rischio di longevità, che appare particolarmente ostico per i cittadini. Non certo un bene per un Paese la cui demografia traccia una linea retta verso una sempre maggiore presenza di over 80 nella società, con tutte le necessità, anche di assistenza, che essa inevitabilmente comporta. E anche sotto questo profilo, sapere che la previdenza complementare potrebbe rappresentare un valido aiuto potrebbe aprire prospettive interessanti. I fondi pensione, infatti, sempre più spesso offrono anche rendite di tipo Long term care, che prevedono sostegni ulteriori in caso di non autosufficienza. Per gli iscritti a Previndai, per esempio, con la scelta dell’opzione Ltc la rendita raddoppia in caso ci si venisse a trovare in  questa difficile situazione.

Insomma, l’Educazione previdenziale sembra davvero una necessità non più rinviabile, tanto per i giovani quanto per le persone più mature. E il tema potrebbe coniugarsi con il dibattito oggi molto d’attualità su un nuovo semestre di silenzio/assenso per l’adesione ai fondi pensione. Questo perché la misura potrebbe rappresentare non solo un modo per aumentare gli iscritti alla previdenza complementare per il periodo della sua vigenza ma anche l’avvio di un cambio di paradigma su come essa viene posta ai lavoratori. Si potrebbe infatti pensare di allargare l’orizzonte e di prevedere che il silenzio/assenso sia solo un primo passo verso un’operazione consapevolezza sul proprio futuro previdenziale. 

Sono profondamente convinta che la previdenza sia una questione di scelte, scelte consapevoli, e non di adesione per obbligo o ‘sfinimento’. Ma è importante dare alle persone tutti gli strumenti per scegliere del proprio futuro previdenziale e per questo, nel mettere le mani al silenzio/assenso, si potrebbe pensare di allargare lo sguardo e introdurre anche misure in grado di riportare periodicamente l’attenzione dei lavoratori sul loro futuro previdenziale. Per gli aderenti ai fondi pensione già oggi esiste qualcosa di simile: la necessità di sottoporre loro, da parte delle forme pensionistiche, il questionario di autovalutazione delle scelte di investimento almeno una volta ogni tre anni. 

Ecco, senza voler entrare nel merito delle concrete azioni di questo o dei futuri governi, credo che prevedere di invitare periodicamente alla riflessione sui temi previdenziali i lavoratori possa essere un buon viatico per permettere loro di entrare nel mondo della previdenza con quelle scelte consapevoli che sono l’unica strada per ottenere da essa i migliori frutti. 

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