Chi ha i requisiti per andare in pensione anticipata, con quota 103 o con più di 40 anni di lavoro, potrà chiedere di avere i suoi contributi previdenziali in busta paga e non ci pagherà le tasse.
Chi ha un po’ di anni in più lo conosce come Bonus Maroni, dal nome del ministro del Lavoro ai tempi della sua prima introduzione, nel 2004/2005. Oggi è noto come Incentivo per la prosecuzione dell’attività lavorativa ed è pensato per spingere a restare a lavoro quanti avrebbero diritto ad andare in pensione con Quota 103 (in versione totalmente contributiva dallo scorso anno) e quanti potrebbero accedere alla pensione a prescindere dall’età anagrafica perché in possesso di più di 40 anni di contribuzione (42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne)
Ma di che si tratta? Si tratta della possibilità per questo insieme di lavoratori, di continuare a restare nelle proprie aziende, invece che andare in pensione, ottenendo in cambio la facoltà di vedersi accreditati direttamente in busta paga i contributi finora versati all’Inps, pari al 9,19% dello stipendio per il settore privato e del 8,85% per il pubblico. La misura era stata già introdotta due anni fa, con la legge di Bilancio del 2023 ma con la manovra del 2025 l’opzione diventa più allettante, perché si prevede che la quota di contributi non versati alla previdenza obbligatoria vengano esentati dalla tassazione. Una previsione che riprende un po’ l’idea originaria del 2004, quando però la misura era ancora più vantaggiosa, grazie al versamento in busta paga e all’esenzione fiscale della quota versata dall’azienda oltre di quella del lavoratore.
Tuttavia, inevitabilmente, questo comporterà un assegno pensionistico più magro rispetto a quello a cui si avrebbe diritto continuando a versare i contributi all’Inps. Per calcolare la convenienza dell’adesione è allora il caso di fare qualche calcolo. Lo ha fatto, nelle scorse settimane, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, che vigila sui conti pubblici. Ebbene, secondo le simulazioni dell’Upb, per lavoratore che scegliesse questa opzione a 62 anni, con una retribuzione lorda di 40 mila euro, il vantaggio complessivo alla fine del periodo sarebbe di quasi 7 mila euro in cinque anni, come differenza tra i 18.500 euro in più percepiti nei cinque anni che lo separano dalla pensione (a 67) anni e la somma delle minori pensioni nel corso della vita, stimate in circa 11.700 mila euro.
Al momento il Governo stima un’adesione piuttosto limitata alla misura, anche in virtù del poco appeal che ha dimostrato avere nei due anni precedenti, e prevede una platea di circa 7 mila soggetti che potrebbero sfruttare l’opzione, su un totale di circa 450 mila che ne avrebbero diritto, per un costo complessivo, che al suo massimo, nel 2030, sarà di circa 30 milioni di euro. Bisognerà aspettare ancora qualche mese per vedere se l’incentivo fiscale renderà la prospettiva più allettante per chi potrebbe già lasciare il lavoro.